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Sikilìa Farafi
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Ascolta degli estratti
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1. Konko – A vuci ru lignu (Mp3) |
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2. Intro (Mp3) |
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3. Gninabali (Mp3) |
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4. N’autra Natura (Mp3) |
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5. Tarantella Don (Mp3) |
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6. Nustargia r’un cantu scurdatu (Mp3) |
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7. Tra ‘n cantu e incantu (Mp3) |
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8. Kassa…ta (Mp3) |
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Spesso, quando si parla o si definisce la musica cosiddetta “etnica”, oggi come oggi si tende a confondere tutto nel maremagnum della “world music”. Ma, sia la prima che la seconda hanno, anche per il significato intrinseco delle parole stesse, differenze sostanziali tra di loro. La prima è sicuramente, nel significato, denominazione di una musica più prettamente localizzata, testimone anche di una eventuale evoluzione rispetto al suo contesto storico e tradizionale ma ben circoscritta, mentre la seconda, sempre nel suo significato, ne contestualizza la contaminazione con altre culture, sia nella sua fase primordiale sia in quella evolutiva nel corso del tempo.
Questa piccola premessa per consentire di “catalogare” meglio il genere di questo gruppo musicale siciliano, Jambo Sana, rispetto a questo disco che non a caso, intitolandosi “Sikilia farafi”, cioè tra Africa e Sicilia, vuole mettere in evidenza tutta la più emblematica e storica forma di contaminazione musicale tra le due sponde del mediterraneo nella più attuale forma evolutiva.
Certamente non può definirsi un disco “facile”, tanto che il loro riscontro maggiore avviene nelle numerosissime esibizioni dal vivo, proprio perché emotivamente più coinvolgenti per la gestualità e le coreografie, pur tuttavia anche nel solo ascolto di questi brani, si può cogliere quanto grande sia oltre che altrettanto emozionante ed ancestrale, l’infinita serie di sfumature e quindi di colori e di profumi, che da sempre sta nell’aria… appunto tra Africa e Sicilia.
Ci sono altri due elementi che rendono interessante questo disco e sono: il ritmo e quindi l’uso delle percussioni e lo sguardo, inteso come orizzonte, come punto che va oltre, come desiderio di conoscere e scoprire chi c’è e cosa c’è oltre la costa, più avanti e più “dentro”.
Non dimentichiamoci che la forma primordiale di musica, nell’uomo, nasce con il ritmo; la percussione sul legno, più avanti poi i tamburi, di tutti i tipi, fino all’odierna e a volte raffinatissima batteria.
I componenti i Jambo Sana, dalla loro Sicilia, hanno attraversato il mediterraneo, sono andati in Africa senza limitarsi alla costa di questo magico continente, ma hanno raggiunto il suo interno, fino al Mali, al Burkina Faso, alla Guinea e altri… e qui, hanno frequentato e conosciuto gli strumenti musicali tradizionali di questi luoghi e i loro esecutori… come si dice… cercando e capendo.
Molti degli strumenti che utilizzano vengono direttamente dall’Africa, sono strumenti originali e tipici di quei luoghi, così come è riferito a quei luoghi il loro modo di suonarli, di metterli insieme ma con la loro sicilianità e con la loro contaminazione.
Solo così possono nascere, oggi, brani come “Nustargia r’un cantu scurdatu”: nostalgia di vecchie ninne nanne per i bambini che si addormentavano tra le braccia delle loro mamme o “N’autra natura” che parla di come non esistano confini reali, anche dentro noi stessi. In “Tarantella Don” la contaminazione si fa quasi purezza mischiando il ritmo africano del ritmo “soli” con la tipica “tarantella” siciliana e calabrese.
Questo disco è un viaggio fuori e dentro il mediterraneo.
Può sembrare semplicistico ma, per farlo veramente, questo viaggio, basterebbe ascoltare il disco ad occhi chiusi… anche i profumi del mediterraneo, dell’Africa, della Sicilia… sembreranno reali.
Jambo Sana, in lingua “swaili” è un saluto… un po’ come il nostro buongiorno o il nostro semplice e sorridente… ciao.
Leggi la biografia dei Jambo Sana
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