|
|
Lost in the fields
Mi trovai in primavera in un campo fiorito
della Bretagna. I fiori erano coloratissimi, l'aria azzurra
e secca. Dall'oceano arrivava un vento leggero attutito solo
in parte dagli alberi, che circondavano il prato come una
corona di ossequiosi custodi del tempio.
Quello spettacolo mi affascinò in un modo che ancora
oggi penso come irripetuto. Allo stesso tempo aveva generato
di me una sorta di inquietudine. Per molti mesi mi sono domandato
perché questo senso di inquietudine davanti ad uno
spettacolo che mi aveva offerto il mistero di una scena a
metà strada fra l'arcadia e il grande nord. Forse proprio
in questo poteva risiedere la risposta, anche se da qualche
parte sentivo che non era così. Questa mi è
giunta qualche mese dopo, quando ho associato quello spettacolo
alla musica che mi veniva di scrivere.
La bellezza di quel prato, improvviso come un lampo all'interno
di una foresta, rappresentava qualcosa di bello, semplice
e antico. Senza rendermene conto dunque, quel prato aveva
messo in moto in me una sorta di rivolta contro l'assillo
del nuovo ad ogni costo, contro alla tirannide della “complessità”.
Luigi Maiello
|
|